Il gerundio è un sostantivo verbale che fa le veci dei casi obliqui dell’infinito, ovvero serve a declinare l’infinito nei casi indiretti.
Dunque essendo un nome si declina seguendo la seconda declinazione; ha quattro casi: genitivo, dativo, accusativo (utilizzato solo in unione con la preposizione “ad”), ablativo. Non ha il plurale, attenzione!
Per quanto riguarda il nominativo e l’accusativo come oggetto diretto si usa invece l’infinito semplice (presente o perfetto).
Per formarlo bisogna aggiugere al tema del presente la vocale tematica della coniugazione + il gruppo ”nd’‘ + le desinenze.
Vediamo la declinazione del gerundio del verbo monere (“ammonire”):
genitivo: monendi
dativo: monendo
accusativo: (ad) monendum
ablativo: monendo
Il genitivo del gerundio (ma anche del gerundivo) si tradurrà con l’infinito preceduto dalla preposizione “di”.
Si può trovare anche preposto a causa o gratia e in tal caso indica il fine o lo scopo; infatti è un altro modo per tradurre la proposizione finale in latino.
Il dativo del gerundio dipende da alcuni aggettivi come necessarius, aptus oppure da espressioni verbali che esprimono sempre un complemento di fine. Ricorda che tali aggettivi rientrano nell’ambito semantico dell’abilità, dell’attitudine.
Insieme al verbo sum (o verbi come sufficio) esprime il concetto “di essere in grado di”.
Il dativo è abbastanza raro.
Al contrario, l’accusativo viene impiegato molto frequentemente ed esprime una proposizione finale in forma implicita (“ad bellum ducendum” trad. a/per condurre la guerra).
L’ablativo quando non è accompagnato da preposizione indica “modo” oppure “mezzo” svolgendo una funzione strumentale.
Se invece è preceduto da preposizioni come in, de, ab, ex etc ha il medesimo valore dei complementi che esse esprimono.
Fai molta attenzione a non confondere il gerundio con il gerundivo, un aggettivo che esprime un’idea di neccessità/dovere.
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