
A che serve scrivere una tesi?
(a cura di Chiara Dini Piedisacco, docente di Lettere)
Saper scrivere. Saper scrivere bene. Oggi è ancora importante?
Sicuramente sì e ce lo dicono in articoli, saggi, conferenze luminari e tecnici (giustamente) preoccupati di quanto il rapporto con la pagina scritta – con la fruzione come con la produzione – risulti oggi estremamente difficile per molti, soprattutto tra i più giovani.
Scrivere bene serve a pensare bene, a ragionare con chiarezza, a intendere bene i messaggi, a produrne di efficaci.
Quindi, sì, serve.
Ma che dire delle tesi di laurea? Oggi, nelle università italiane, si scrive più che mai: tesine, elaborati, progetti, tesi di laurea, addirittur doppie, se si vuole aggiungere alla triennale la laurea specialistica. Servono ancora? E più nello specifico: servono ancora le tesi di laurea in lettere classiche?
Servono ancora, beninteso, oltre il confine ovvio della loro utilità prettamente accademico-burocratica, oltre insomma il loro immediato orizzonte della ratifica del titolo?
Serve la tesi e serve – tantissimo – la struttura organizzativa
Mi si obietterà che lo studio non deve servire, non deve essere utile in senso immediato, che si studia, sempre, per piacere, per amore, a volte, per migliorarsi e migliorare le cose intorno a sé, per andare avanti e oltre e lontano, fuori dai confini della propria prospettiva. E, per fortuna, è vero. Ma oggi, al netto di retoriche e teorie, è forse il caso di ribadire con forza che la tesi serve. Serve, sì, è un momento necessario e formativo, completa un complesso di competenze e lo riorienta.
E’ fondamentale al punto che piccoli lavori di ricerca – microtesi? – sarebbe opportuno svolgerli anche in altri livelli di istruzione e in altri passaggi della vita formativa di un giovane adulto. Serve la tesi e serve – tantissimo – la struttura organizzativa (non per forza i contenuti, ma la struttura, quella sì) della tradizionale tesi filologica o storica o insomma di stampo umanistico. Serve il lavoro costante sulle fonti. La ricerca, lo studio delle notizie e della loro attendibilità. Serve il concetto di fonte e di critica.
Serve capire che non basta affermare una cosa perché questa sia vera.
Abbiamo più che mai bisogno di una generazione che si interroghi sui Realien, che conosca il valore della ricostruzione del vero, che sappia, banalmente, come si fa.
Leggere e interrogarsi sulla realtà di quanto si legge, leggere e saper selezionare e sceverare i dati, è una delle abilità che le giovani generazioni stanno perdendo: serve a poco tuonare dalle cattedre contro le fake news, impegnarsi in opera costante di divulgazione del vero se, molto semplicemente, i nostri studenti il vero non sanno come riconoscerlo.
Scrivere una tesi per imparare a selezionare le fonti
È inutile dir loro che no, non esistono le scie chimiche, che non è possibile perdere venti chili in un mese, che non diventeranno miliardari con un trucco segreto pubblicizzato su instagram, serve a poco o nulla se non insegnamo loro la ricerca, la lettura, la selezione delle fonti. Se non passa l’idea che verosimile e scientificamente provato, desiderabile e possibile sono cose nettamente diverse e razionalmente distinguibili tra loro. E tutto questo lo si può apprendere facendo ricerca. Insegnando presto a fare ricerca. A valutare e selezionare le fonti. A contestualizzarle. A comprendere e decifrare fini, moventi e contenuto della comunicazione.
Insegnare questo ai più giovani non vuol dire certo far loro perdere tempo in lavori astratti e poco produttivi, perché non c’è nulla di più concreto e umanamente (umanisticamente?) determinante della riflessione sulla notizia, sul concetto stesso di notizia.
Serve, allora, scrivere una tesi?
Sì, decisamente sì, anzi: oggi è ancor più necessaria, è un processo che dovrebbe iniziare a scuola, dalle scuole e dai primi anni di formazione, perché non abbiamo bisogno di nozioni, è vero, ma di pensiero.
Abbiamo un disperato bisogno di pensiero critico.