Ogni tanto tocca fare uno spuntino, la merenda, ecco Y come yogurt greco. La scrivania si trasforma così in un campo minato, briciole e polveri sottili si annidano sulla superficie delle copertine dei libri stesi ad asciugare dopo il rientro bagnato, questa pioggia improvvisa che preoccupa sempre più, cogliendoci ogni volta impreparati.
Siamo sempre alla solita pagina, grecoelatino.it, stavolta un contenuto più distensivo, di rimando all’educazione alimentare, altro vero vulnus del nostro sistema di produzione. Quando le trovi in corsivo, le parole, è perché sono pertinenti ad altra lingua, questa volta il latino, altre volte l’inglese; da vulnus deriva vulnerabile, per rendere meglio l’idea, di quanto poco le cose passino anche per lo stomaco, anche le emozioni, a quanto pare.
Certo, il nostro corsivo è pur sempre stampato, non ancora diffuso oralmente come la prof.ssa Esposito: ancora non siamo sbarcati su tikTok, ancora non ci abbiamo messo la faccia. Eppure, proviamo a starti vicino sul serio, assicurandoti contenuti che, pur subissati di pubblicità, vanno incontro al tuo destino di consumatore di grecoelatino.it
Non abbiamo intenzione di portarla per le lunghe, specie in questa fase dove l’aggettivo nazionale si nidifica tra le parole di ognuno: italiano, francese, greco, tutto ridotto su scala nazionale che pure lo yogurt ha da essere italiano, tempi delicati, i nostri. Allora, proprio proponendovi la parabola dello yogurt greco che si scoprì mediterraneo, ancora una volta imploriamo unità d’umani intenti, lontani dal gergo della nazionalità ridotto a mero slogan elettorale.
C’era una volta – e con questo, passiamo dalla parabola alla fiaba pur conservando lo sfondo sospeso – una capretta che aveva tante amiche, pascolavano insieme su indicazione di un pastore poeta non meglio identificato, uno venuto dalla Tracia con la passione per i prodotti caseari, con il solo proposito di esportare sul continente le sue lavorazioni.
Erano tempi antichi, l’unico modo per reclamare attenzione resisteva nelle carovane, intensi mesi di attraversamento per tutte le caprette che il buon poeta pastore allietava senza sosta, le seguiva con lo sguardo mentre si allontanavano, le tosava quando necessario così da rivendere il prezioso manto a chi aveva investito sul tessile.
Insomma il pastore era davvero impegnato nella gestione del suo gregge, al punto da inventarsi diversi “sistemi di controllo a distanza”, cose definite nel tempo ovile mobile e gendarmerie di questa specie. Una notte questo poeta pastore accese il fuoco, aveva particolarmente freddo, avendo deciso di impostare la sua dieta sul “vegetarianesimo” aderendo a quella particolare scuola pitagorica attraverso una corrispondenza aviaria aveva deciso di non sacrificare più animali allo stesso dio che imponeva questa dieta: una sorta di cortocircuito emotivo da cui avrebbero preso vita diversi batteri che, miscelatisi a quel latte fermentato in corso di preparazione, avrebbe dato vita alla nostra merendina: lo yogurt greco.
Ebbene sì, di quei batteri che sentiamo reclamizzare negli spot televisivi con sommo gaudio da parte delle testimonial di turno, altro che facezie, i più noti batteri probiotici che mantengono sano l’intestino. E questa scoperta si deve a un pastore poeta venuto dalla Tracia dell’Est messosi in contatto con l’Asia centrale: alla fine, questo poeta riuscì a diventare famoso dando nome a questa buonissima scoperta ancora oggi servita a tavola, la parola “yogurt” è di origine turca e deriva dal verbo “yogurmak” (ovvero, da addensare).
Chiaramente, da qui al mediterraneo intero il passo è breve, pure Plinio il Vecchio, gli dei l’abbiano in gloria, ne aveva scritto a proposito in termini entusiastici.
Sta proprio a te riconoscere quanto tra serio e faceto è stato raccontato in questa scheda, ci sono delle cose verosimili, sai. Le nostre fonti stanno più o meno tutte in un vasetto, di quelli che acquistiamo al supermercato oppure nella coppetta (per altri ancora cono) che guarniamo di yogurt e topping disparati; senza dimenticare tutti gli altri impieghi, al cospetto del salato, per carni e verdure dal sapore continentale.
Ecco, ci auguriamo di averti distratto un minimo, di averti tenuto compagnia durante questa merendina, con il proposito di riprendere l’esercizio dopo l’ultimo biscotto… 🙂
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