(a cura di Antonio Mastrogiacomo)
Abbiamo già intonato alcune schede al territorio, come per il caso della Magna Grecia: gli autori di questo portale si ritrovano il classico di casa, adeguando la loro vita quotidiana alla coscienza delle stratificazioni cui ogni passeggiata si intrattiene.
Un dato ancora oggi non occasionale che è possibile derivare dalla frequentazione del territorio si riferisce alla sua spiccata vocazione sportiva, ben evidente una volta messe in fila le diverse “tag”, i diversi manifesti e tutte quelle manifestazioni, anche estemporanee, che fanno dell’attaccamento alle gesta sportiva un tratto distintivo del seguito del pubblico alle cerimonie.
Come deriviamo da ogni ulteriore accostamento del contemporaneo al classi, proprio la pratica atletica andava considerandosi come una componente imprescindibile del sistema educativo (paideia, in greco antico παιδεία) e dello stile di vita dei giovani aristocratici.
Un fenomeno cui ideale contrappunto sembra essere la pratica del body-building, a sconfessare del tutto la logica pedagogica insita nella cura del sé a vantaggio dell’esteriore.
Non con questi annosi temi di cultura contemporanea sembravano tenersi occupati gli antichi: venendo a quanto può esser documentato, le tombe restano un vero e proprio bottino cui rifarsi pur di ricostruire alcuni valori di queste culture.
Anche in questo caso, proprio nella città di Taranto, tra la fine del sesto e l’inizio del quinto secolo a.C., nelle necropoli è possibile segnalare la presenza di diverse tombe, la più celebre delle quali appartenuta a un vero atleta deceduto all’epoca delle guerre persiane (490-480 a.C. circa).
Visitando il museo, facendo riferimento all’accorta documentazione fotografica, è possibile prendere contezza del rinvenimento, datato 1959, in via Genova, all’esterno dell’abitato antico e lungo una delle strade che lo ponevano in connessione con il territorio.
E non lasciatevi ingannare da quel poco apparso in superficie: il bene archeologico resta ancora sommerso, specie nello stesso territorio dell’antica Magna Grecia.
La struttura tombale consisteva di una grande cassa in blocchi di pietra locale, al cui interno era posto un sarcofago ricavato da un unico blocco di carparo, con coperchio a doppio spiovente a imitazione dell’aspetto esteriore di un tempio.
Anche la sala che ospita tutto quanto è venuto fuori, quel lontano 1959, è stata rinnovata per permettere ai visitatori una esperienza accorta ai dettagli che fanno tutto il comparto.
Il sarcofago, decorato sulla cassa da un fregio dipinto di palmette alternate a fiori di loto penduli, conteneva lo scheletro di un giovane di poco più di 30 anni, alto metri 1,70 circa e dalla possente muscolatura.
Importanti poi gli studi che sono stati realizzati nel tempo; negli anni Ottanta l’analisi di alcuni resti organici ha permesso di ricostruire la presenza di un sudario e di un letto formato da assi lignee fissate con chiodi, sul quale era stato adagiato il corpo.
Il corredo era formato da pochi oggetti evocativi del ruolo ricoperto dal defunto: un contenitore in alabastro (alàbastron), utilizzato per contenere l’olio con il quale gli atleti si cospargevano il corpo, all’interno del sarcofago e, agli angoli della cassa che lo conteneva, quattro anfore panatenaiche a figure nere.
Tutto questo riesce a significare il valore assolutamente spettacolare assegnato a queste manifestazioni al punto da poterle mettere in continuità con quelle cerimonie (come le Olimpiadi) che ancora oggi segmentano le nostre consuetudini in relazione all’apprezzamento degli sport.
D’altronde, proprio dallo spirito greco è possibile ricavare il valore primario di queste occasioni che, derubricate come evento sportivo, meritano entusiasmo maggiore, anche dai professori di discipline dell’antico.
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