La Magna Grecia

La Magna Grecia

(a cura di Antonio Mastrogiacomo)

 

 

C’è più gusto ad essere Italiani, recita lo slogan di una bevanda che d’italiano conserva solo il nome ormai (dal 2016 tutte le birre a marchio Peroni infatti sono state rilevate da una multinazionale giapponese Asahi Breweries), magari la produzione, di certo non la proprietà.

Che c’entra con la Magna Grecia? Magari poco o nulla, anche perché al tempo la lavorazione del luppolo era ancora nascosta alle culture del Mediterraneo, più avvezze alla mescita di vini e olio.

Eppure, avvertiamo una certa prossimità tra i due riferimenti: qualcosa che appartiene alla nostra memoria, anche se scollegata dalle attuali condizioni di produzione.

In altre parole, esiste ancora la Magna Grecia pur figurando sulla geografia politica uno scenario completamente diverso da quello delle prime fondazioni, di coloni aristocratici ed esuli dalla Grecia.

Si pensi al caso della città di Taranto, colonia spartana dall’VIII secolo a.C., una città magnifica la cui fama recente è offuscata da altri problemi che non la sua memoria: un bel giro per il MarTa, il museo archeologico di Taranto, permette di lasciar decantare il materiale sedimentatosi nel tempo, scrupolosamente ritrovato e disposto tra le ampie sale (indiscutibile resta il fascino della tomba dell’Atleta).

Ma non c’è solo Taranto. Altre volte abbiamo fatto riferimento alla Sibaritide, ci muoviamo dunque verso la Calabria e ritroviamo ulteriori conferme in relazione alla capacità della storia di porsi continuamente in dialogo con i suoi primi interlocutori, gli uomini, non sempre in grado di custodirla come di recente è capitato proprio al Museo nazionale archeologico della Sibaritide sito a Cassano all’Ionio (Cs), vittima di un incendio doloso.

L’antica colonia di Sibari sorgeva al centro della vasta pianura alluvionale circondata dal Pollino e dalle ultime propaggini della Sila Greca, solcata dai fiumi Crati e Sybaris (odierno Coscile).
Qui nell’VII sec. a. C. gli Achei fondarono una città destinata a divenire una tra le più potenti e prospere della Magna Grecia stratificandosi su questo sito nel corso dei secoli tre città quali Sibari, Thuri, Copia, le cui importanti vestigia sono oggi conservate proprio presso il Museo della Sibaritide e presso il Parco Archeologico.

 

 

Quanto definito “Magna Grecia” al tempo si estendeva su gran parte dell’Italia meridionale

 

Diverso è il caso della colonizzazione di una intera isola quale la Sicilia: non avendo intenzione di prospettare un elenco completo delle stesse, ricordiamo allora come quanto definito “Magna Grecia” al tempo si estendeva su gran parte dell’Italia meridionale comprendendo la Campania (basta fare caso alla presenza dei musei archeologici sul territorio per certificare la stratificazione in oggetto, con Paestum e Ascea a fare da apripista), la Basilicata (dove l’area archeologica di Policoro resta particolarmente degna di menzione), la Puglia e la Calabria.

Presentare la Magna Grecia è operazione storiografica di raro significato, sviluppandosi queste colonie in maniera culturalmente ed economicamente attraente, sfruttando altresì i diversi posizionamenti nei mari interni del Mediterraneo.

Questa scheda si presenta limitata ma non limitante nei contenuti.
Il nostro invito resta quello di prendere contezza di questo patrimonio archeologico rischiarato paesaggisticamente dal contesto geografico cui tali siti appartengono di diritto; segnaliamo altresì come ricorrenti siano gli appuntamenti culturali dedicati a questa dimensione, come per il prossimo Festival della Filosofia della Magna Grecia, di prossimo svolgimento presso il complesso di San Domenico Maggiore (qui per maggiori info).

Segnaliamo un brano musicale (Il parto delle nuvole pesanti, Magnagrecia, clicca qui) lo stesso cui si riferisce l’incipit, al fine di chiarire le differenze che permangono tra quel tempo sospeso e intrappolato nei resti frammentari e nei ruderi e il nostro, pregno com’è di rivendicazioni culturali senza radicamento.

 

Quando nasce il termine Magna Grecia

 

Ascrivibile a Polibio, il termine doveva fare breccia grazie a Pitagora, più tardi ai decennî nei quali le città italiane furono dominate dalle consorterie pitagoriche – prima fra tutte quella di Crotone (all’incirca fra il 520 e il 460 a. C.) – segnate, per la maggior parte di esse, da tale splendore di fioritura materiale e spirituale, da giustificare appieno per esse la designazione di Magna Grecia.

 

 

 

Andiamo poco più a fondo, prendiamone propriamente in considerazione l’estensione.

 

In origine si muoveva da Metaponto (o forse da Taranto) a Locri o a Reggio; seppure allargata a comprendere anche la Sicilia, tale estensione non ebbe fortuna, e l’espressione di Magna Grecia rimase poi usata normalmente (ancora in Tolomeo) per indicare le città greche della costa meridionale d’Italia da Cuma a Taranto.

 

 

 

Sotto il profilo etnografico, occorre andare all’indietro fino al sec. VIII a. C., quando arrivarono proprio i coloni greci a prendere stanza sulle coste dell’Italia meridionale, trovandosi a contatto con più popoli diversi per stirpe e per civiltà (gli Iapigi, divisi nei popoli dei Dauni, Peucezî, Messapî, e questi alla lor volta distinti in Calabri e Salentini).

Genti italiche occupavano invece il Bruzio a sud del golfo di Squillace e la costa tirrenica della Lucania e della Campania: da nord a sud, gli Ausonî-Opici, gli Enotrî, i Morgeti, gl’Itali o Vitali, tutti di stirpe enotrica; ed è probabile che la gente enotrica abitante l’estremità meridionale del Bruzio fosse un ramo di quei Siculi che, oltrepassato lo stretto di Messina, diedero poi alla Sicilia la sua popolazione italica.

 

 

Una cronologia ordinata

 

Occorre riconoscere la nazionalità dei gruppi di coloni che parteciparono alla fondazione dei centri della Magna Grecia o almeno di quel gruppo che, in ogni città, s’impose sugli altri.

 

La colonizzazione più antica resta quella di Cuma, datata al 1051 a.C.

 

Per resto, vada pure per l’VIII, ma possiamo essere più precisi:

 

al 773 a. C., la fondazione di Metaponto;

 

seguono le prime fondazioni siceliote, e cioè

Zancle e Selinunte (756),

Nasso (736),

Siracusa e Catania (734);

 

…poi le altre colonie della Magna Grecia

Crotone e Sibari (708),

Taranto (706),

Locri (673).

 

 

In conclusione

 

Si può ritenere per certo che il movimento migratorio dei Greci verso l’Italia meridionale e la Sicilia sia cominciato verso la metà del sec. VIII a. C.; ed è evidente che sulla scelta della regione da colonizzare dovettero pesare soprattutto ragioni geografiche e di convenienza.

Possiamo affermare che la civiltà della Magna Grecia ha nel complesso una fisionomia che la distingue dalla civiltà degli altri territorî occupati da Greci; ciò può giustificare il nome di civiltà italiota ancora oggi ricorrente. Il periodo di maggiore sviluppo e anche di maggiore autonomia di questa civiltà cade fra il principio del sec. VI a. C., e la metà del V.

10 Marzo 2023

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