La peste di Atene
(a cura di Antonio Mastrogiacomo)
Perché parlare della peste di Atene? Un attimo e sarà tutto più chiaro…
Non deve essere facile riprendere in sicurezza la vita quotidiana dopo le recenti condizioni di disagio pandemico dovute all’epidemia di Covid 19; un biennio particolarmente terribile ci ha fatto compagnia dimostrando ancora una volta quanto fallace sia il germe del progresso se instillato senza coscienza della sua stessa fragilità.
Quanti secoli sono passati, ad esempio, dall’epidemia della peste di Atene, sciagura che contribuì in parte alla sua disfatta in relazione alla guerra del Peloponneso?
Eppure ci siamo risvegliati, novelli Pericle, a contenere il disastro.
Ebbene, una certa attitudine alla comparazione tra Covid e la peste di Atene, permette, precisati i dovuti distinguo dovuti alla estrema diversità dei casi in questione, di ritrovare nella letteratura storiografica greca da un lato, nella poesia latina dall’altro, modelli insuperati di presa di coscienza sulla realtà da descrivere, specie nel caso di Tucidide (Storie, II, 47-54).
Ascoltiamo la dott.ssa Mariapia Donat-Cattin (guarda qui video).
Come potreste notare, non sono pochi gli studenti che hanno fatto ricorso alla peste di Atene al fine di incrementare il personale bagaglio culturale in vista di una interrogazione, di un compito in classe.
Estrapoliamo dunque i passaggi salienti di questa descrizione così da evidenziare i meriti di una scrittura molto chiara, tesa ad informare gli altri a partire dalla stessa presenza dello storico Tucidide in quanto testimone dei fatti (a differenza di altri modelli, come quello di Erodoto, ben disposti alla discorsività della narrazione, meno della puntualità dei fatti riportati).
La peste di Atene descritta dallo storico Tucidide
…un tale contagio e una tale strage non erano avvenuti in nessun luogo a memoria d’uomo. Ché non bastavano a fronteggiarla, neppure i medici, i quali non conoscendo la natura del male, lo trattavano per la prima volta; anzi loro stessi morivano più degli altri, in quanto più degli altri si accostavano al malato, e nessun’altra arte umana bastava contro la pestilenza… (Tucidide, Storie, II, 47-54)
Questo passaggio può risolvere in autonomia la scelta di questa comparazione se davvero, oltre al film Contagion dell’americano Steven Soderbergh (già regista dei diversi Ocean’s Eleven, Twelve…), non era ancora dato motivo di temere tutti dappertutto.
Soprattutto, da questa indicazione tucididea possiamo derivare come, nonostante il grado di progresso raggiunto, non possiamo ritenerci al riparo da mali che possono presentarsi ancora ignoti; è lo stesso protocollo della scienza a fare ancora da monito, postulando astrattamente la sua esistenza sulle ipotesi così da guadagnare il futuro delle ricerca.
La peste: un motivo letterario
Sarebbe diventato nel tempo un motivo letterario, questo della peste (per restare confinati nella letteratura italiana, possiamo riferirci al Decamerone di Giovanni Boccaccio, i cui lavori prendono principio proprio dall’urgenza di allontanarsi dalla città per evitare la peste) al punto da fare tappa anche nella letteratura latina, più marcatamente poetica, come affidata all’abile soluzione in esametri prospettata da Lucrezio per il suo De rerum natura.
Questo piccolo passaggio del testo di Lucrezio si mostra in aperta continuità con il dettato tucidideo fornendo una versione alternativa e poetica al tempo stesso:
…Da quel momento a mucchi si arrendevano al morbo e alla morte. All’inizio avevano la testa accesa dal bollore ed entrambi gli occhi rosseggianti di luce soffusa. Anche la gola scura all’interno sudava sangue e la via della voce si chiudeva bloccata da ulcere e la lingua, interprete della mente, emanava sangue debilitata dai mali, lenta nel movimento, ruvida al tatto. Poi, quando attraverso la gola aveva riempito il petto e addirittura nel cuore mesto la violenza del male era confluita ai malati, allora poi tutte le difese della vita cedevano…. (Lucrezio, La peste di Atene, VI 1138-1286)