Frasi e versioni: c’è una grande differenza
Credo che sia fondamentale sottolineare che c’è una bella differenza tra frasi e versioni.
Certo, sia quando traduciamo una versione di greco o delle frasi di latino, stiamo facendo un lavoro di esercizio traduttivo. Ma rappresentano due operazioni diverse, concedetemi il termine “operazioni”.
Se ci riflettete, dopo una regola di grammatica, molti libri di testo propongono delle frasi (più o meno semplici) da tradurre.
Sicuramente il vostro prof vi avrà assegnato delle frasi da tradurre dopo aver spiegato ad esempio l’ablativo assoluto, la prima declinazione in greco etc etc.
All’inizio del percorso di studi (primo anno) può capitare che il compito in classe di greco o latino sia rappresentato da delle frasi da tradurre (e non dalla versione). E’ frequente.
In effetti la frase svolge l’importante compito di fissare la regola grammaticale. Traducendo una serie di frasi, alla fine riusciamo a spratichirci bene e di conseguenza a riconoscere la regola grammaticale in questione.
Avete notato che nei testi scolastici le prime frasi da tradurre sono generalmente semplici, lineari e solo le ultime frasi diventano complesse, passando dalla paratassi a un impianto ipotattico?
Un poco come nello sport: più diventiamo bravi, più possiamo superare prove più impegnative.
Eppure le frasi, per quanto “ben fatte”, non possono essere equiparate a una versione. Mai e poi mai.
Chi di voi ha capito l’enorme differenza tra frasi e versioni?
Forza, avete fatto qualche supposizione?
Io credo di sì. Comunque la differenza “abissale” è l’assenza del contesto nelle frasi; non abbiamo la possibilità di comprendere la storia, lo sviluppo dei fatti raccontati, le riflessioni dell’autore.
La differenza tra frasi e versioni è la totale assenza del contesto nelle frasi.
Noi di grecoelatino siamo soliti affermare con convinzione che il senso della versione ha valore primario, fondamentale. Non me ne voglia qualche insegnante di greco e latino se in disaccordo, ma tradurre una versione di greco o latina più o meno bene grammaticalmente, senza però comprendere il senso generale, significa un poco dare la precedenza alla forma rispetto al contenuto.
Altrove ho già raccontato che ai tempi del liceo (quanti anni sono passati… sob…) mio nonno era solito ripetermi che a metà versione dovevo fermarmi e pormi una semplice domanda “l’autore cosa mi sta raccontando, cosa vuole dirmi?“.
All’inizio non capivo, tra l’ansia del tempo, l’uso inconsulto del vocabolario, le inevitabili distrazioni.
Poi nel tempo ho capito l’importanza di quel suggerimento che si è tradotto per me in un insegnamento fondamentale: il cuore del greco e latino è il mondo che queste due splendide lingue rappresentano, esprimono, raffigurano!
Dunque applicare il pensiero critico durante la traduzione delle versioni di greco e latino è il fine, il mezzo, il consiglio, suggerimento (potrei continuare all’infinito!) che mi sento di dare a qualsiasi studente.
Quando traducete una versione, dovete cogliere l’anima del mondo classico: solo così nel tempo saprete cogliere le minime sfumature, e quindi riuscire addirittura a utilizzare un sinonimo del termine in italiano proposto dal vocabolario.
Vi racconto questo episodio che mi capitò al secondo anno a scuola
Compito in classe: versione di greco.
Non ricordo con precisione la storia raccontata, ricordo però che si parlava di briganti che erano entrati con forza in un’abitazione per rubare. La casa veniva messa in disordine. Leggevo “messa in disordine” e c’era qualcosa che non suonava perfettamente: eppure la mia traduzione era corretta!
Alla fine, pochi minuti prima di consegnare, sostituii l’espressione “messa in disordine” con “messa a soqquadro (non era presente sul vocabolario Rocci). In verità quest’ultima traduzione in italiano era più pertinente. Avevo semplicemente pensato alla forma italiana che tutti noi spesso usiamo in caso di furto in abitazione e alla fine avevo fatto una scelta più personale.
Cosa voglio dirvi? L’episodio vuole mettere l’accento sull’importanza della partecipazione da parte vostra quando traduciamo.
Voi dovete COMPRENDERE il contesto, CAPIRE che anche un racconto deve avere una logica consequenziale: la traduzione meccanica è sterile e direi controproduttiva: finiamo per essere frustrati se crediamo di aver compreso la regola grammaticale ma traduciamo senza “tuffarci” nella versione.
Anche (o soprattutto?) il greco e latino richiedono coraggio…