Il supino, uno dei modi infiniti della lingua latina
Il supino è un sostantivo verbale che segue la quarta declinazione latina (ripassa “4 coniugazioni in latino Quadro sinottico“).
Ricorda che esso non si declina e non si coniuga!
Supino attivo
L’accusativo in -um con valore attivo e finale (ad es. Legati venerunt questum iniurias, trad. Gli ambasciatori vennero a lamentarsi delle offese). Lo troviamo insieme a verbi di movimento.
Un altro esempio: Eo domum cubitum, trad. Io vado a casa a dormire
I supini attivi utilizzati nella prosa classica non sono molti.
In origine doveva essere un accusativo di relazione.
Ricorda le espressioni particolari nuptum collocare (dare in sposa) e sessum recipere (fare posto a sedere).
Ecco alcuni supini attivi che potresti trovare quando traduci una versione di latino: admonitum, dormitum, petitum, rogatum, nuptum, oppugnatum, deliberatum, postulatum, exsulatum.
… e passivo
La forma passiva in -u esprime un ablativo di limitazione.
Solo i verbi transitivi hanno il supino passivo, che si trova accompagnato da aggettivi quasi sempre neutri come facilis, incredibilis horribilis etc. (ad es. Incredibile dictu, trad. Incredibile a dirsi).
Nel latino arcaico troviamo attestata anche la forma passiva che usciva in dativo, ovvero in -ui, al posto di -ū inglobato poi dall’ablativo.
Da ricordare che la forma passiva non è mai seguita dal complemento oggetto.
Quando ti trovi davanti a un supino (attivo o passivo) devi risalire al presente, operazione in verità non difficile.
Fai attenzione però quando trovi il verbo sul vocabolario. Perché? Non è raro che tu possa trovare l’espressione tradotta sul dizionario, oppure un’espressione simile!
Nella traduzione l’importante è tener ben presente la funzione diversa che intercorre tra il supino attivo e il supino passivo.