Facciamo il punto sui segni di interpunzione
Come segni di interpunzione, le virgole non sono automazioni del pensiero: ne sono la conseguenza logica, la pausa necessaria a far sì che il respiro sia armonico, che il concetto scorra dalla mente alle dita o dal testo agli occhi senza soluzione di continuità, gradualmente.
In rete possiamo imbatterci in svariati meme correlati agli errori grammaticali dovuti alla cattiva gestione dei segni di interpunzione: fanno ridere, ma fanno anche riflettere!
A pensarci bene, è proprio a partire da una comunicazione senza pause che possiamo riscontrare l’impossibilità di gestire con attenzione questi segni di interpunzione, che mai trovano spazio nel linguaggio parlato, vera e propria frontiera della scrittura contemporanea, sempre più viziata da una oralità secondaria dovuta alla riproduzione di suoni e immagini a mezzo digitale.
Procediamo, al nostro solito, con una buona premessa dedicata alla lingua italiana, depositaria di questi riferimenti nel nostro impiego quotidiano.
Anche nel nostro caso l’ interpunzione si occupa di separare, in un testo scritto, i periodi, i membri di periodo, i vari elementi della proposizione attraverso i cosiddetti “segni di interpunzione” così da rendere più chiaro il senso, indicare le pause e le inflessioni della voce dando rilievo alle singole parti.
Ed ecco che, ancora una volta, il greco e il latino possono venire in nostro soccorso chiarendo principi, scopi e nessi a partire dall’impiego che ne è stato fatto al tempo così da poter essere considerato “protocollare”.
Segni di interpunzione…a partire dal greco
Partire dall’età antica è molto importante, soprattutto il greco è stato fondamentale: ad esempio, gli accenti nella lingua italiana furono “importati” dal greco.
L’operazione fu portata avanti dal famoso stampatore veneziano Aldo Manuzio alla fine del Quattrocento (Mortara Garavelli 2008). A dirla tutta, in età antica si usava scrivere tutte le parole vicine (scriptio continua) e solo leggendo ad alta voce, come si usava abitualmente, si sarebbe capito il senso fino all’emergere di una nuova esigenza: arricchire il testo con segni che rendessero più facile l’interpretazione.
Alla fine del Quattrocento, Aldo Manuzio adattò alcuni segni finora usati solo per il greco ai testi latini.
Le innovazioni furono quattro:
1) Il segno “,” piacque a Manuzio poiché scende (anche se di poco) sotto la riga ed è quindi diverso dagli altri. Manuzio fu il primo ad usarlo in senso moderno;
2) Il segno “;” fu impiegato non più per indicare la fine del testo, ma per delimitare due proposizioni dello stesso livello gerarchico (cioè come si fa oggi);
3) Il segno dell’apostrofo fu mutuato anch’esso dal greco;
4) Manuzio fu il primo stampatore a reintrodurre gli accenti, caduti in disuso in latino e utilizzati soltanto nei testi in greco.
Ovviamente, i segni di interpunzione che ritroviamo sui nostri libri di testo sono stati opportunamente rimediati.
Nelle moderne stampe di testi greci, infatti, si usa indicare con la virgola la pausa più breve, con il punto alto una pausa di media durata e con il punto basso la pausa finale, ma questi segni corrispondono solo graficamente a quelli che ricorrono nei codici, ed ecco perché chi si occupa di studiare filologicamente un testo si pone diversi problemi prima di indicare una lezione precisa in funzione dell’interpunzione che riconosciamo come presente.
Perdonate la digressione, si tratta di una piccola constatazione prima di proseguire: suggeriamo immediatamente uno schema riassuntivo finale sui segni di interpunzione, così da ottimizzare al meglio la resa grafica di tali contenuti.
, , Virgola
· : oppure ; Punto in alto
; ? Punto interrogativo
‘ ‘ Apostrofo
Ti consigliamo di leggere “Le parole sono alberi… anche in greco antico!“, una lettura che offre interessanti spunti di riflessione!