Le proposizioni completive

Le subordinate “che completano”: proposizioni completive

 

Ci sono arrivate diverse richieste relative ad una scheda ad hoc dedicata alle proposizioni completive, ed eccoci pronti a soddisfare questa vostra richiesta!!!
Prima di tutto, proviamo a chiarire una volta per tutte la loro posizione nella sintassi del periodo.

Le proposizioni completive sono delle frasi subordinate che svolgono la funzione di soggetto, oggetto diretto e complemento indiretto del verbo della frase reggente.
Ecco perché solitamente le studiamo subito dopo le proposizioni infinitive.

Purtroppo le proposizioni completive riposano più nella pratica che nella grammatica, per questo motivo ti consigliamo di familiarizzare attraverso un serrato esercizio di traduzione, quel tanto che basta per acquisire bene il meccanismo.

 

Le completive sono tante, di certo meno di milioni di milioni, quindi DON’T PANIC, respiro profondo e prova a seguire i consigli che forniamo di seguito.

Prima di tutto, iniziamo a distinguere queste subordinate in base al nesso che le anticipa, vale a dire a seconda della “parolina magica” che le introduce: tra queste, l’onnipresente “ut” e il pur sempre pericolo costante di “quod“.

 

 

Le subordinate completive introdotte da ut

 

Accadde che c’era il sole

Accidit ut esset sol.

 

Sia in italiano che in latino il verbo “accadere” si trova alla forma impersonale, dunque il soggetto è in realtà l’intera proposizione costituita da “ut”, chiamata appunto completiva! In italiano è stata resa con una subordinata dichiarativa.

 

La difficoltà delle cose fa sì che il discorso non si capisca.

Obscuritas rerum facit ut non intelligatur oratio.

In questa frase il verbo facit serve due diversi argomenti, da un lato è il soggetto di obscuritas, dall’altro il suo oggetto è proprio la frase introdotta da un non, che viene a comportarsi dunque come un complemento oggetto.

 

L’impiego di una completiva suggerisce quasi sempre la consecutio della contemporaneità, dunque:

congiuntivo presente in dipendenza da tempo principale;

congiuntivo imperfetto in dipendenza da tempo storico.

 

Attenzione dunque al tipo di verbo che precede “ut”, così da poter distinguere le proposizioni completive dalle altre (troppe!) subordinate introdotte dallo stesso “ut”.

A ogni modo, le completive con “ut” possono essere distinte in due diverse categorie:

– di tipo consecutivo – negate tramite “ut non”

– di tipo volitivo – negate tramite “ne”

 

Vediamole meglio!

 

– le completive negate da “ut non” dipendono da verbi o locuzioni avverbiali che indicano:

a) un accadimento, solitamente verbo impersonale, dunque fit, accidit ut

 

b) una conseguenza o un risultato, con i verbi facio, efficio

 

c) uno stato di fatto a seguire formule quali accedit ut, restat ut

 

 

– Le completive negate da “ne”, il cui impiego definisce la funzione volitiva, dipendono infatti da verbi che esprimono:

a) richiesta

b) comando o concessione

c) conseguimento di uno scopo.

Stavolta difficilmente ci troveremo di fronte a verbi impersonali, trattandosi di volitivi infatti questi verbi sono espressione di un soggetto, dunque la completiva avrà quasi sicuramente funzione di oggetto.

 

1) verbi di richiesta: oro ut, obsecro ut, peto ut

 

2) verbi di comando e concessione: impero ut, hortor ut, praecipio ut, permitto ut, do ut, moneo ut, mando ut

 

3) verbi di locuzione o di scopo: assequor ut, consequor ut, adipiscor ut, mereo ut

 

 

Proposizioni completive introdotte da “quod”

 

Analizziamo insieme questa frase.

Accedit huc quod infractae fortunae homines magis amicorum studia desiderant vel praesidii

vel solacii gratia.

 

Ancora una volta troviamo un verbo già incontrato, quell’accedit hoc – a questo si aggiunge – che regge una subordinata introdotta da “quod” col verbo all’indicativo.
Si tratta della nostra completiva, pronta a fare da soggetto di questa principale che presenta un verbo impersonale alla 3 persona.

 

Minime quidem miror quod Plato in Xenocrate discipulo suo tam constanter moderatus fuit.

Stavolta ci troviamo di fronte a una completiva oggettiva, pronta a completare il senso del verbo miror.

 

Le proposizioni completive introdotte da quod dichiarativo dipendono da verbi o locuzioni che appartengono per lo più alle seguenti aree semantiche:

– aggiungere, tralasciare: addo, praetereo, huc accedit

– sentimento: gaudeo, maereo, miror, mirum est

– giudiziono o valutazione: gratulor, criminor, incommode fit.

 

 

Proposizioni completive epesegetiche

 

Queste parole complicate in realtà si nascondono molto bene. Significa che il nostro quod sarà a un tempo anticpato da un altro pronome che introdurrà in modo generico il contenuto esplicitato nella frase dichiarativa: funzione epesegetiva per il quod, dunque esplicativa della funzione prolettiva (per lo più dovuta a un pronome dimostrativo o determinativo neutro)

 

Di completive epesegetiche ne abbiamo diverse: noi ti forniamo il frammento del classico, tu ci comunicherai la traduzione!

 

 

1) infinitiva:

Hoc primum nobis persuadeamus, neminem nostrum esse sine culpa. (Seneca)

 

2) introdotta da ut (ne)

Magistratus vero prisci, inter cetera obtinendae gravitatis indicia illud quoque magna cum

perseverantia custodiebant, ne Graecis umquam nisi latine responsa darent. (Val. Max.)

 

3) introdotta da ut (ut non)

Maximis igitur in malis hoc tamen boni assecuti sumus, ut ea litteris mandaremus, quae nec

erant satis nota nostris et erant cognitione dignissima. (Cicerone)

 

4) interrogativa indiretta

De hoc uno disputatur, utrum virtus summi boni causa sit an ipsa summum bonum. (Seneca)

3 Aprile 2020

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