Il vocativo, un caso perso
Quando devo presentare il vocativo, la quinta voce di ogni declinazione, sono solito introdurlo come caso “perso” della declinazione.
Ebbene, sì: il vocativo come caso perso. Cosa significherebbe?
Per quanto la scrittura possa fare ricorso al vocativo, magari in odore di “discorso”, di “annuncio”, in altre parole di evidente “oralità”, il vero carattere del vocativo sarebbe nella lingua di tutti i giorni.
Pensate a quante volte sareste costretti a scrivere il vocativo quando iniziate una conversazione whatsapp, scrivendo semplicemente il nome dell’interlocutore: ebbene, quello è un caso vocativo. O Antonio, nel mio caso. Che proprio nel mio caso sarebbe una di quelle particolarità della seconda declinazione in latino che tanto ci fanno prendere confidenza, nostro malgrado, con alcune formule e funzioni della grammatica nelle versioni di latino e greco. Antonio, Bruto, fanno tutti quella fine lì, con la i al vocativo, non la e che ci aspetteremmo nel caso della seconda declinazione latina.
A seguire anche filius e meus, nel caso più famoso di Bruto, quel voc. per eccellenza (Tu quoque,Brute, fili mi!).
Cosa è in effetti questo caso “perso”?
E’ propriamente un caso della declinazione latina e greca (ma anche di altre lingue) che esprime il “chiamare”.
Un caso unico, potremmo dire, marcando di un morfema o di un rapporto sintattico specifico.
Questo è il punto, il vocativo spesso ci sfugge perché pensiamo che quelle lingue dormano silenziose, non c’è nessuno che le risveglia.
Sarebbe quasi arrivato il momento di darle del “tu”.
Anche perché il vocativo, nella stragrande maggioranza dei casi, si trova nella stessa forma del nominativo, sono quasi gemelli, ma “eterozigoti”, mettiamola così. Cosa significa? occhio alle differenze, come al solito.
Anche per il plurale. Sfugge la seconda declinazione in latino, per la quale abbiamo già detto.
Vero, proprio come il vocativo in greco: vuoi vedere che…ah, ma allora queste lingue sono davvero in parentela strettissima tra loro, meglio a sapersi, soprattutto se ci si trova in condizione di doverle studiare entrambe.
Come individuare un vocativo?
Nuovamente, attenzione al contesto, ci sono diverse spie per iniziare a guardarsi intorno, alla ricerca di un vocativo: potremmo trovarlo in aperta continuità con la presenza di un imperativo, magari un vocativo a fare da sfondo quasi al posto di un soggetto. Oppure in una buona interrogativa, che ne pensate, voi? Vedete, è facile trovare il vocativo!
Al caso voc. si concordano ovviamente tutti gli aggettivi e i pronomi riferiti al nome chiamato in causa, anche questa è una spia che al posto giusto potrebbe insospettirci, metterci in allarme per individuarlo!
Insomma, non avere troppi timori nel confrontarti con questo caso della sintassi dei casi, resta pronto a rintracciarlo e la frase diventerà d’incanto più semplice da tradurre.
P.S. chiaramente, nel caso del greco alcune condizioni lo renderebbero ancora più evidente, tra queste la presenza di omega, poco prima, a farci capire che quella che segue dopo è una vera e propria invocazione, manca a farlo apposta, una omega, una grande “o”, come la maggior parte delle volte in cui, non sapendo trovare parole giuste, ci serviamo della stessa vocale…
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