Le radici verbali del paradigma latino

Continuando la nostra passeggiata nel bosco delle parole, osserveremo da vicino il paradigma latino.

 

Il verbo è l’ago della frase suggerendo il bilanciamento delle relazioni nella traduzione.
Si usa quando un’azione è stata compiuta o subita da un soggetto (predicato verbale) ma anche per indicare una condizione del soggetto (predicato nominale).

Tra le parti del discorso, il verbo svolge dunque la funzione di assicurarne i legami fraseologici.
Lo studiamo per coniugazioni che variano per numero, modi e tempi: il greco ne porta due, l’italiano ne porta tre, il latino ne porta quattro.
In fase di traduzione ci preoccuperemo di risalire al verbo come organizzato nel paradigma, interprete autorevole della sua ricerca sul vocabolario.

 

Il paradigma latino è composto da cinque riferimenti che permettono di individuare velocemente la coniugazione – attraverso il ricorso alla vocale tematica – e il modo da cui rilevare il tempo.

 

amo, as, avi, atum, are

 

Nel paradigma sono dichiarati :

 

– 1a e 2a persona singolare del presente indicativo: la -o, come desinenza della 1a persona singolare, indicizza i risultati della ricerca verbale, seguita dalla 2a persona per l’indicazione della vocale tematica (in questo caso la “a” della prima coniugazione) seguita a sua volta dall’indicazione della persona a mezzo delle desinenze personali (in questo caso la consonante “s”).
Grazie al tema del presente, ottenuto attraverso la rimozione di queste desinenze, è possibile ricavare la radice da cui si formano i tempi semplici dei modi indicativo, congiuntivo, infinito.

– Altra indicizzazione riguarda il tema del perfetto, che occupa stabile la 3a posizione del paradigma con la prima persona designata dalla vocale “i” come desinenza.
Dal tema del perfetto ricaviamo i nostri tempi composti in italiano, per intenderci, quelli col verbo ausiliare presente nella coniugazione; in altre parole tanto il passato prossimo all’indicativo quanto il congiuntivo al trapassato, senza dimenticare l’infinito passato.

– In penultima posizione troviamo la forma che “autorizza” il verbo alla funzione aggettivale, il supino.

– Chiude in 5a e ultima posizione proprio l’infinito con i suoi -are, -ere (lunga), -ere (breve) e ire.

 

Ricapitoliamo :

 

am-o, am-as;      desinenze personali; vocale tematica, tema del presente

amav-i;       tema del perfetto, desinenza 1° persona singolare

amat-um;    tema del supino, desinenza del supino

amare         infinito presente

 

Una buona strategia, da estendere alla ricerca tutta dei nessi logici nascosti nelle parole da tradurre, è quella di considerare la voce verbale  indagando subito il numero (singolare o plurale) e la persona (1a,2a,3a) da cui dipende la relazione col nominativo, nel caso dei modi finiti. 

18 Marzo 2023

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